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Quando mangi ti senti impotente e senza controllo sul cibo?

cause e rimedi massimo tomassini Dec 10, 2021
Breaters_Quando mangi ti senti impotente e senza controllo sul cibo?

L’autocontrollo (self-control) è un argomento classico degli studi psicologici, nel cui ambito è definito come la capacità di gestire i propri impulsi, emozioni e comportamenti al momento in cui si manifestano.  Grazie a tale possibilità di gestione, la cui capacità può essere acquisita, coltivata o accresciuta, secondo gli psicologi, è possibile sospendere o interrompere del tutto un circuito di pensiero e/o di azione che si attiva in un tempo breve e che può avere conseguenze indesiderate.

 

Quanto conta l’autocontrollo? 

 

Nella vita di una persona l’autocontrollo conta indubbiamente molto. È ciò che consente di dare più spazio agli obiettivi di lungo termine, di dare più peso alle cose che hanno più valore in termini di moralità, utilità,  validità estetica rispetto alle cose che sono invece non utili, passeggere, dannose e in fin dei conti “brutte”.

 

Autocontrollo e neuroscienze

 

Le neuroscienze localizzano l’autocontrollo nella corteccia prefrontale del cervello, nei cui circuiti si annidano le fondamentali funzioni della decisionalità, del problem-solving e della pianificazione grazie alle quali tende a prevalere la dimensione della razionalità dell’agire.

(Leggi anche: Food craving: da cosa dipende l’inarrestabile voglia di cibo)

 

La razionalità è tutto? 

 

Ma non esiste dominio incontrastato della razionalità.  Fortunatamente la vita umana è ricca di emozioni, di impulsi, di umori attraverso i quali riusciamo a essere davvero umani, a provare i sentimenti più elevati, a comportarci seguendo intuizioni e quel “sesto senso” che spesso ci permettere di arrivare a qualcosa che sarebbe impedito da una astratta razionalità.  Le emozioni – secondo i più aggiornati approcci neuroscientifici – sono il vero carburante di ciò che si può considerare razionale, utile e progressivo nella vita di ognuno. E’ la vita emozionale che – per così dire – comanda il cervello, e non viceversa.

 

Cosa intendiamo per “vita emozionale”

 

La vita emozionale funziona su piani molteplici nei quali convergono le interazioni tra la mente (che è qualcosa di molto più complesso dei suoi correlati neuronali) e il corpo, nonché tra il corpo-mente di ognuno e l’insieme della realtà così come noi la percepiamo e la cataloghiamo/organizziamo, e l’integrazione/interazione con quella degli altri, in quella che chiamiamo “realtà condivisa” o collettiva, ovvero quella con cui  ognuno è quotidianamente in rapporto, per non dire in conflitto.

(Leggi anche: Emotional eating: in cosa consiste davvero?)

 

I nostri conflitti col mondo sono di natura emozionale

 

È nella vita emozionale di ognuno di noi che avvengono i corto-circuiti a causa dei quali si manifestano le insoddisfazioni che non vorremmo provare e i desideri che non vorremmo desiderare. È lì, in quel territorio dell’essere così delicato e vulnerabile, che spesso il nostro autocontrollo comincia a funzionare a singhiozzo.

 

Cibo e autocontrollo

 

Il rapporto con il cibo è un terreno tipico dei fallimenti dell’autocontrollo.  Ci rendiamo conto che può essere “stupido” mangiare una porzione in più, o consumare di nascosto qualche barretta di cioccolato sentendoci poi in colpa.  Ma non riusciamo a farne a meno.  I famosi circuiti della corteccia prefrontale vengono bellamente bypassati dalle spinte emotive fuori controllo e la razionalità viene messa a tacere in men che non si dica.

(Leggi anche: Perché sotto stress preferiamo i cibi dolci?)

 

Si può imparare a non perdere il controllo con il cibo?

 

Che fare?  Come invertire queste dinamiche che ci fanno sentire impotenti e senza controllo?

Ognuno dovrebbe inventare le proprie tattiche (anche i propri trucchi e “mezzucci”) partendo dalla propria capacità di conoscersi e quindi di sapere in quali faglie degli impulsi negativi si può infilare un po’ di autocontrollo in più.

 

Qualche suggerimento pratico 

 

In modo più sistematico, è importante mettere in atto la strategia della “sospensione” ovvero della “presa di distanza”, che consiste nel creare un certo spazio mentale tra l’azione fuori-controllo e l’osservazione  dell’azione stessa.  Il che non significa affidarsi a un “osservatore” che molto spesso non è altro che raddoppiamento tirannico dell’io, capace di alternare rampogne, minacce e indulgenze.  

 

Non facciamoci ingannare!

 

“Distanza”, “spazio  mentale”, “sospensione” sono sinonimi di momenti di vuoto in cui l’azione incontrollata che genera infelicità non viene respinta ma anzi accolta e compresa. Non per coccolarla o giustificarla, ma per osservarla così com’è.  Momenti in cui l’azione viene sentita e descritta il più possibile in dettaglio (es. “ho scartato quel pacchetto e ho portato alla bocca il contenuto, ho sentito....   ho sentito....”). 

(Leggi anche: La meditazione è necessaria per un’alimentazione consapevole?

 

Il senso profondo del “prendere le distanze”

 

In questa distanza è importante ripercorrere minuziosamente ciò che accade, smontare pezzo a pezzo il meccanismo di una soddisfazione che non soddisfa,  e contrastare i diversi nemici della strategia di autocontrollo che ci proponiamo di acquisire.

 

I nemici dell’autocontrollo

 

  1. Il primo nemico di questa modalità di autoconsapevolezza è la fretta.  
    La presa di distanza non è qualcosa che si possa fare in due minuti. A volte può funzionare anche durante l’azione abituale: dandosi il permesso di compierla non in modo furtivo, ma volontariamente e osservandola da vicino (“ecco cosa sto facendo”..). Altre volte può funzionare a qualche distanza di tempo dall’accaduto.  (es. “mi sono seduto e...).  Ma bisogna comunque attuarla con attenzione e con il tempo necessario.


  2. Un altro nemico è il moralismo del nostro giudice interiore.  Quel “Tu sei colpevole” che la nostra voce interna ci ripete da quando abbiamo memoria, e le infinite varianti sul tema, sono da evitare come la peste.  Non c’è nessun colpevole, ci sono fatti che accadono e che vanno sentiti e “compresi” nei loro dettagli, senza giudizio.

  3. Un terzo importante nemico è il passaggio dalla osservazione alla decisione. 
    Che prende molto spesso la forma di una promessa infondata, analoga  all’infantile  “non lo faccio più”.  Il cui equivalente adulto è “da lunedì mi metto a dieta”.

 

Attuare la strategia della presa di distanza in modo corretto

 

Nella strategia della presa di distanza, che ognuno dovrebbe imparare a declinare in funzione delle proprie caratteristiche, “auto-controllo” non significa controllo sull’azione ma – in modo molto più utile – “auto-consapevolezza”, ossia capacità  di conoscersi e prendersi cura di sé.  Ciò che conta è la maturazione della consapevolezza in quanto tale, non il raggiungimento di un risultato immediato. Perché sarà poi questo generale e graduale cambio di atteggiamento rispetto alla questione, adottato con continuità e con una motivazione costante, a poterci garantire di arrivare alla possibilità di poter scegliere davvero anziché essere “teleguidati” dai nostri impulsi senza controllo.    

(Leggi anche: Il potere semplice del respiro)